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Archive for Maggio 2011

Voglio proporvi oggi alcuni estratti che ho racimolato da un documento molto interessante.
Nonostante la lunghezza, ci tenevo a dire che ho cercato di inserire solo i passi più significativi. Se avete un po’ di tempo, vi assicuro che la lettura ne varrà la pena. Il filo conduttore è stimolante, come del resto l’argomento. Questo è ovviamente provocatorio..ma stimola varie riflessioni. Provate a leggerlo così, di primo acchito, ipotizzando voi chi potrebbe aver scritto un documento del genere. In fondo al post vi svelerò l’autore.

 
“Il primo pericolo di questa educazione – molto giustamente qualificata latina – é di basarsi su un errore psicologico fondamentale: credere che l’imparare a memoria dei manuali, sviluppi l’intelligenza.
Quindi si cerca d’imparare il più possibile; e dalla scuola elementare all’università, il giovanetto non fa che impinzarsi del contenuto dei libri, senza esercitare mai il suo giudizio e la sua iniziativa. L’istruzione, per lui, consiste nel recitare e obbedire.””Se questa educazione fosse soltanto inutile, ci si potrebbe limitare a compiangere disgraziati fanciulli ai quali si preferisce insegnare, invece di tante cose necessarie, la genealogia dei figli di Clotario, le lotte della Néustria e dell’Austrasia, o delle classificazioni zoologiche; ma essa presenta il pericolo assai più serio di ispirare in colui che l’ha ricevuta, un disgusto violento della condizione in cui é nato, e l’intenso desiderio di uscirne.”

“Lo Stato, che fabbrica a furia di manuali tutti i suoi diplomati, non può utilizzarne che un piccolo numero, ed è costretto a lasciare gli altri senza impiego. E perciò necessario rassegnarsi a nutrire i primi e ad avere come nemici i secondi. Dall’alto al basso della piramide sociale la massa formidabile dei diplomati assedia oggigiorno gli impieghi.”

“Si potrebbero forse accettare tutti gli inconvenienti della nostra educazione classica, quand’anche non creasse che spostati e scontenti, se l’acquisizione superficiale di tante conoscenze, la perfetta recitazione di tanti manuali elevassero il livello dell’intelligenza. Ma raggiunge essa realmente questo risultato? Ohimé, no ! Il giudizio, l’esperienza, l’iniziativa, il carattere sono le condizioni di successo nella vita; e tutte questo non lo si apprende sui libri. I libri sono i dizionari utili da consultarsi, ma dei quali è perfettamente inutile immagazzinare nella testa lunghi frammenti. Come può l’istruzione professionale sviluppare l’intelligenza in una misura che sfugge completamente all’istruzione classica ? Taine lo ha dimostrato assai bene nel passo seguente:
« Le idee non si formano che nell’ambiente naturale e normale; ciò che alimenta il loro germe sono le innumerevoli impressioni sensibili che il giovane tutti i giorni riceve all’officina, nella miniera, al tribunale, allo studio, sul cantiere, all’ospedale, dinanzi allo spettacolo degli strumenti, dei materiali e delle operazioni, in presenza dei clienti, degli operai, dei lavoro, dell’opera particolare dell’occhio, dell’orecchio, delle mani e dello stesso odorato, che, involontariamente raccolte o sordamente elaborate si organizzano in lui per suggerirgli presto o tardi combinazioni nuove, semplificazione, economia, perfezionamento o invenzione. Di tutti questi contatti preziosi, di tutti questi elementi assimilati ed indispensabili è privato il giovane alunno, e proprio nell’età feconda: per sette od otto anni egli è sequestrato in una scuola, lontano dall’esperienza diretta e personale che gli avrebbe dato la nozione esatta e viva delle cose, degli uomini e dei diversi modi di dominarli. … Almeno nove su dieci hanno perduto tempo e fatica; parecchi anni della loro vita, anni efficaci, importanti e anche decisivi.”

“La sua entrata nel mondo e i suoi primi passi nel campo dell’azione pratica, spesse volte, non sono che una serie di cadute dolorose; egli ne resta ferito, ne porta le tracce a lungo, e qualche volta per sempre. È una dura e pericolosa prova; l’equilibrio morale e mentale si altera, e corre rischio di non ristabilirsi più; la delusione è stata troppo improvvisa e completa; i disinganni sono stati troppo grandi e il disgusto troppo forte.”

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“L’illustre storico ci mostra poi la differenza del nostro sistema con quello degli Anglo-Sassoni. Presso di loro l’insegnamento non proviene dal libro, ma dalla cosa stessa. L’ingegnere, ad esempio, formandosi in un’officina e mai in una scuola, ne deriva che ognuno può arrivare esattamente al grado che la sua intelligenza comporta: operaio o ispettore se egli è incapace di andare più lontano : ingegnere, se le sue attitudini lo permettono. E’ un processo democratico e utile per la società, assai diverso da quello che fa dipendere tutta la carriera di un individuo da un esame di qualche ora, subìto a diciotto o vent’anni.”

“All’ospedale, nella miniera, nella manifattura, dall’architetto, dall’uomo di legge, l’allievo, ammesso giovanissimo, fa il suo tirocinio e press’a poco come da noi uno scrivano nel suo ufficio o un allievo pittore nel suo studio. Anzitutto, prima di entrare, egli ha potuto seguire qualche corso generale e sommario, allo scopo d’avere un quadro belle e pronto in cui collocare le sue osservazioni. Tuttavia, c’è spesso, qualche corso tecnico che egli potrà seguire nelle ore libere, allo scopo di coordinare di mano in mano le sue esperienze quotidiane. Sotto un simile regime, la capacità pratica cresce e si sviluppa di per sé stessa, proprio sino al grado che le facoltà dell’allievo permettono, e nella direzione richiesta dalla sua futura necessità per l’opera particolare alla quale sin da principio vuole adattarsi. In tal modo, in Inghilterra e negli Stati Uniti, il giovane riesce presto a trarre da se medesimo tutto ciò di cui è capace. Da venticinque anni, e anche assai prima, se la sostanza e il fondamento non gli mancano, egli é non solo un esecutore utile, ma anche un uomo di spontanea intraprendenza; non solo un meccanismo, ma anche un motore. In Francia, dove il processo inverso ha prevalso, e ogni generazione diventa sempre più cinesizzata, il totale delle forze perdute è enorme”.

Fine

 L’autore è Gustave Le Bon, psicologo e sociologo francese. (7 maggio 1841 – 13 dicembre 1931). Gli estratti sono tratti da una delle sue opere principali: “Psicologia delle folle”.

Dovrebbe essere chiaro a tutti a questo punto ciò che più mi ha colpito: l’attualità dell’argomento.

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Commento qui di seguito un post molto interessante, vi scrivo qui il link:
http://butterflyandhurricanes.blogspot.com/2011/05/la-fuga.html

Siamo giovani e per questo dobbiamo credere che volendo si può cambiare le cose. Sono completamente d’accordo. In fondo ciò che è successo negli ultimi mesi in nord Africa è la prova che, grazie anche ad internet, tante persone lottando possono cambiare le cose, persino un sistema (es. Egitto). Ciascuno, nel suo piccolo, può metterci del suo, dare il proprio contributo. In fondo come dice il detto: “Una goccia è poca cosa, ma l’oceano è fatto di tante piccole gocce”.

Tralasciamo per un attimo la professione per cui noi stiamo studiando, un medico troverà sempre un lavoro.
Cosa dovrei dire a tutti quei ragazzi che si impegnano studiando, laureandosi, ultra-specializzandosi, e nonostante questo non riescono a trovare un posto di lavoro?
E non sto parlando nè di crisi economica nè di chi prova a cercare lavoro con un diploma. Uso ora un esempio estremo che però trova riscontro nella realtà.
Parlo di quei super mega cervelloni che esistono e che il nostro paese non si impegna a trattenere, quando l’unica cosa che vorrebbero è aver la possibilità di dimostrare il loro valore.

(http://www.repubblica.it/scuola/2010/11/30/news/fuga_di_cervelli_in_20_anni_persi_4_miliardi_in_brevetti-9685992/).

“Report” ed altri programmi hanno ormai fatto così tanti servizi a riguardo che mi sembra di risuonare monotono. Persino nel nostro campo si possono fare esempi!
Parlando con specializzandi della nostra facoltà ho appreso che chi vuol fare il chirurgo (le info riguardano nella fattispecie chirurgia toracica) deve essere disposto durante gli anni della specialistica a : – fare il porta-cartelle per “un tot” di anni. – fare orari “oltre orario” di 12 ore con la speranza che “il capoccia” del reparto ti permetta di fare una minima sutura – questo ovviamente se sei riuscito, “con le tue forze”,ad entrare alla specialistica. (…)

A queste persone dovrei dire rimanete, abbiate fiducia, comportatevi “civilmente” che prima o poi l’Italia si accorgerà del vostro valore?!?! O magari “ACCONTENTATEVI” di un posto da precario come ricercatore a tempo determinato per 800€ al mese?
Se non ci fosse altra alternativa forse, MA L’ALTERNATIVA C’E’!

Ormai siamo tutti cittadini del mondo, il mercato è diventato globale, le distanze si sono annullate.

Le persone, i professionisti di oggi, devono sentirsi liberi di poter considerare tutte le offerte di lavoro, a prescindere dal luogo, senza avere la sensazione così di fare un torto al proprio paese. La propria carriera è una sola, e gli anni per farla non sono infiniti.
Lo stato ha il compito di creare opportunità. Il cittadino ha il diritto di scegliere quella migliore per il suo futuro.

Gabriele


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Whisperings


Condivido con voi questo sito e la musica che esso propone.
Per molte volte è stato il mio compagno di studio perfetto (la musica durante lo studio..argomento interessante: distrazione o contributo?). Altre volte invece ha fatto da sfondo ad attività molteplici: riflettere, leggere, cucinare…anche dormire, lo ammetto!! 🙂

http://www.solopianoradio.com/

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Premessa per i lettori estranei alla Blogoclasse:

Stavolta il prof ci ha fornito un suo documento e ci ha invitato a commentarlo qui sul blog. Di seguito vi posto il link:  http://dl.dropbox.com/u/3592556/Coltivare-Le-Connessioni.pdf . Vi consiglio di dargli un’occhiata, è un po’ lungo e non di immediata comprensione, ma suscita domande e riflessioni interessanti sul nostro modo di rapportarci con la rete (internet).

Internet è senza dubbio una delle più grandi invenzioni, se non la più grande, dell’ultimo secolo. Leggendo il testo mi sono ancora di più convinto che provare ad immaginare un limite alle sue applicazioni, nel bene e nel male, è quanto mai impossibile. Premesso ciò, venire a conoscenza che l’Italia è l’unico paese che in questo momento preferisce investire sul digitale terrestre invece che su internet, non può che contribuire ad aumentare il pessimismo sulla cattiva rotta intrapresa, e ad abbassare l’interesse per questa risorsa grandiosa che è internet.
Provo a contribuire alle molteplici riflessioni scaturite, postandovi qualche informazione trovata in rete:

” Un cittadino connesso alla rete è un cittadino in meno davanti alla televisione; è un cittadino che può scegliersi le fonti di informazione che ritiene più attendibili; è un cittadino incentivato a sviluppare un maggiore senso critico. Un cittadino connesso alla rete, se dispone di buona connettività, è un cittadino con maggiori opportunità di lavoro. Può allinearsi ai tempi in cui vive e crearsi nuove opportunità di impiego, oppure può cercarselo da solo, usufruendo dei numerosi servizi di recruiting online…”

[articolo intero, di cui consiglio la lettura: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/28/e-ora-di-darsi-unagenda-digitale-seria/100545/ ]


Anche qui si parla di una possibile “equidistribuzione della conoscenza”, di connessioni, ma soprattutto si parla di persone attive, vive, che fanno di internet uno strumento per coltivare interessi e contatti, per condividere informazioni e risorse, per sviluppare e migliorare programmi già esistenti, … e chi più ne ha più ne metta.

Quando lei professore si trova a proporre soluzioni  informatiche banali come blog, wiki, documenti condivisi e altro, prontamente bocciate per quella che la gente definisce “mancanza di competenze”, si scontra con persone che hanno perso ormai quella elasticità mentale, quella versatilità del mezzadro (per dirla con una sua metafora), quella umiltà necessaria per apprendere ed instaurare nuovi nodi e connessioni.
Che la causa di tutto ciò sia da imputare al loro grado di istruzione mi sembra però un’affermazione un po’ azzardata, quasi una generalizzazione. Che invece l’impronta che gli insegnanti oggi danno sia totalmente estranea alle menti dei ragazzi del 2011 questo sì. Le lezioni, quasi mai multimediali o alternative, costringono sempre l’alunno a “bloccare” la fantasia  e “costringere” l’apprendimento ad un “protocollo” sempre uguale, come se uscire dai binari ed esplorare nuove strade fosse sempre controproducente.

Fare del “Personal Enviroment” il proprio PLE, prendere coscienza ed impossessarsi dei mezzi a disposizione oggi, devono essere gli imperativi categorici per una realizzazione personale su tutti i fronti.

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